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21.04.2012

13° FESTIVAL DEL CINEMA EUROPEO DI LECCE - I PREMI E LE MOTIVAZIONI

Si è conclusa a Lecce la tredicesima edizione, quest'anno particolarmente ricca e significativa, del festival del cinema europeo. Fra gli ospiti internazionali: Terry Gilliam (che ha presentato il corto "Wholly family") e Emir Kusturica (testimone di un bellissimo libro fotografico sul suo cinema, celebrato con una retrospettiva) hanno registrato una calorosa accoglienza di stampa e pubblico. Quest'anno il programma del festival prevedeva anche tributi a Ken Russell e Sergio Castellitto, al quale è stato dedicato il libro curato da Enrico Magrelli "Sergio Castellitto, senza arte ne parte" (ediz.Rubettino).

31.07.2011 - 18.08.2011

Sinfonie di Cinema 2011 – LA COMMEDIA NEL CINEMA ITALIANO

Anche quest’anno torna a Montefiore dell’Aso (AP) la magica atmosfera del festival “Sinfonie di cinema”.

INTERVISTE

01.08.2007

Intervista a Pupi Avati

Maestro, lei ha attraversato quarant’anni di cinema italiano girando più di 35 film, cimentandosi in tutti i generi possibili con la stessa intensità e firmando veri cult come “La casa dalle finestre che ridono”, “Regalo di natale” e “Bix” . E’ come se un musicista, ci perdoni la similitudine, suonasse con stesso mestiere tutti i tipi di musica. Ci sono dele difficoltà che ha riscontrato passando da un’esperienza ad un'altra differente o è particolarmente legato e portato per un genere in particolare?


Io penso che la cosa più importante nell’aver commesso tutti questi adulteri, cioè nell’aver transitato come dice lei da un genere all’altro, sia nell’essere riuscito comunque a trasmettere in essi una mia identità pur avendo dovuto rispettare le regole del genere: che sia stato un film d’avventura, un horror, o una commedia. Questo è un aspetto difficile per un autore: doversi attenere ad una regola, ma farla propria. Io ho cercato in qualche modo di fare mio un genere, di dargli un‘impronta personale. E spero che questo emerga dalla visione dei miei film.

Lei ha raccontato la provincia in tutti i suoi aspetti: quella solare e quella oscura. Le leggende contadine e le favole dei nonni recuperando a volte una tradizione popolare. Spesso la provincia si è rivelata più insana rispetto alla grande città. Secondo lei dove l’uomo riesce a misurarsi meglio con se stesso?

Credo ormai da nessuna parte. I condizionamenti culturali che derivano da alcuni media sono responsabili di un mutamento e di un appiattimento radicale, di una spoliazione della nostra identità. Purtroppo i media hanno ottenuto un risultato tale che e’ difficile dire oggi dove si riesca ad essere più se stessi. Se posso comparare l’Italia con altri paesi direi che nel nostro si mantiene ancora ben distinto un suo nord e un suo sud e devo ammettere che in meridione - e la mia non è piaggeria visto che mi verrà riconosciuto da Trani questo premio - le mie esperienze (la prima con “I cavalieri…” e quella più consistente con “La seconda notte di nozze”) mi hanno fatto trovare una identità nazionale molto più forte perché voi conservate intatto un rapporto con il passato che riesce a convivere con il presente. Nella mia amatissima Bologna devo ammettere che l’Italia invece se n’è andata da un pezzo, tutto il centro-nord è aperto alle suggestioni, alle mode ed è quindi preda di un colonialismo culturale che appiattisce. Ormai una storia che giro nella mia terra, la potrei raccontare in qualsiasi altro posto del mondo, Bologna o Bruxelles ormai è la stessa cosa. Anni fa non lo avrei mai immaginato. Se vengo in Puglia improvvisamente trovo che ci sono ancora delle peculiarità, dei comportamenti, dei legami con radici e tradizioni che non sono disdegnate con tanta frettolosità. Pur essendo un popolo apertissimo voi pugliesi riuscite a difendervi meglio. Quindi una storia girata in Puglia ha un suo fascino ben definito...

Attualmente sta lavorando a due progetti fra cui “Il nascondiglio” per il quale è tornato a lavorare in America. Vorrebbe anticiparci qualcosa di questo lavoro?

Ho girato questo film con Laura Morante e altri attori americani ed attualmente stiamo curando la post-produzione. E’ un racconto fantastico, horrorifico (a Roma dicono “de paura”) con il quale torno ad un mio antico amore che è il thriller gotico e che vedrete sugli schermi nel prossimo novembre.

Lei racconta spesso fallimenti e crisi professionali. Anche nel suo ultimo film “La cena per farli conoscere” così come in “Festival” hai un certo senso ricostruito i destini di Abatantuono e Chiari. Questo malessere esistenziale da parte degli attori lo ha riscontrato attualmente? Ma per un attore è più importante lavorare a progetti in cui si crede veramente, o è sufficiente lavorare comunque?

L’attore è un essere umano che ha probabilmente avvertito più di altri l’esigenza di dover dire chi è. Ci sono attori che cercano disperatamente, riuscendoci o no, di trovare quell’opportunità interpretativa nella quale riescono veramente a esprimere in pieno loro stessi. Altri lavorano, magari nella fiction televisiva, altri fanno i reality e vanno sulle isole per diventare famosi. E qui si avverte una tendenza opposta perché tutti si impegnano ad atteggiarsi come nella realtà non sono. E’ sempre alla radice un problema di comunicazione, questo. Un appiattimento inesorabile. Tutti dovremmo invece sforzarci in qualsiasi cosa facciamo nel mettere qualcosa di noi stessi, per renderla differente, per dargli un tocco di personalità. Anche questa conversazione credo abbia una personalità differente rispetto ad un intervista con un diverso interlocutore. Un’anima diversa, se vogliamo…C’è del suo, insomma. E questo è fondamentale per evitare, scongiurare questo appiattimento…

In una biografia di Tognazzi (“L’italia in agrodolce”) abbiamo scoperto che lei era molto legato a questo attore anche fuori dal set pur avendo lavorato con lui in sole due occasioni molto distanti per due film diversi. Anzi lei più volte lei ha detto che deve a Tognazzi l'aver ritrovato il coraggio per continuare questo mestiere… Perché?


Credo di essermi avvicinato ad Ugo nel 1973. Io venivo fuori dai miei due primi film che furono due disastri e quindi rischiavo di non lavorare più e di abbandonare il cinema. All’epoca casualmente lui si invaghì di un mio copione (“La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone”), Tognazzi era una grande star forse la più pagata dell’anno perché aveva fatto “Romanzo popolare“ ed era pieno di impegni. Invece si interessò a me e lavorò con noi praticamente a costi bassissimi. C'erano lui, Paolo Villaggio e mi sa anche Lucio Dalla in un cameo. Il film ebbe successo e ci consentì di proseguire su questa strada. E’ anche merito suo se oggi continuo a occuparmi di cinema. 

Agosto 2007

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