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21.04.2012

13° FESTIVAL DEL CINEMA EUROPEO DI LECCE - I PREMI E LE MOTIVAZIONI

Si è conclusa a Lecce la tredicesima edizione, quest'anno particolarmente ricca e significativa, del festival del cinema europeo. Fra gli ospiti internazionali: Terry Gilliam (che ha presentato il corto "Wholly family") e Emir Kusturica (testimone di un bellissimo libro fotografico sul suo cinema, celebrato con una retrospettiva) hanno registrato una calorosa accoglienza di stampa e pubblico. Quest'anno il programma del festival prevedeva anche tributi a Ken Russell e Sergio Castellitto, al quale è stato dedicato il libro curato da Enrico Magrelli "Sergio Castellitto, senza arte ne parte" (ediz.Rubettino).

31.07.2011 - 18.08.2011

Sinfonie di Cinema 2011 – LA COMMEDIA NEL CINEMA ITALIANO

Anche quest’anno torna a Montefiore dell’Aso (AP) la magica atmosfera del festival “Sinfonie di cinema”.

INTERVISTE

15.09.2006

Un pezzo sui corti di Andrès Arce Maldonado

Andrès Arce Maldonado - Corti

Premessa


Quando incontri un regista, soprattutto in una circostanza movimentata come quella del set dove sta lavorando, vorresti capire tutto di lui in un minuto e comunicargli con uno sguardo che lì non ci sei passato per caso. Hai sentito il profumo di cinema e la curiosità di intuirne la fragranza, ti ha costretto ad avvicinarti; impresa ardua per i non addetti ai lavori è osservare con gli occhi della passione e la fame della creatività camminando in punta di piedi. Ma c’è tanta altra gente che non sta sul set per lo stesso motivo. Quindi corri il rischio di perderti nella confusione o che il tuo rispettoso silenzio si confonda nel torbido rumore di contorno.
E anche la pausa è un momento ostile; perché nella pausa saltano fuori le tensioni, e questo istante silenzioso diventa per chi dirige un assoluto momento creativo. Insomma, su un set ogni momento è quello sbagliato.
Quando ho avuto la fortuna di incontrare Andrès Arce Maldonado, un ragazzo con tanto cinema negli occhi e nel cuore, quel momento si è rivelato essenziale per entrambi. Ad Andrès sono stato presentato come esperto di cinema (!), come collezionista. Presentazione equivoca. Un autore come Maldonado ha così avuto l’impressione che fossi uno che intrappola le farfalle sotto vetro per mostrarle agli amici e sentirsi gratificato. Poi a poco a poco ci siamo conosciuti; mi dispiace soltanto non aver seguito dall’inizio le riprese di questo suo primo lungometraggio che sta girando nella mia città, ma ho fiutato tanta esperienza da parte sua. So che ha fatto uno splendido lavoro, Andrès ha una formazione intellettuale molto interessante. Non me ne ha parlato ma anche lui, in fondo, nel suo Ipod ha racchiuse delle farfalle che musicalmente ogni tanto prendono il volo. C’è una vasta cultura musicale in lui e un evidente amore per la poesia. Ma questo discorso per motivi di tempo non lo abbiamo mai affrontato…
Ho avuto l’opportunità di guardare i suoi lavori, i cortometraggi realizzati negli anni precedenti; il cortometraggio è il mezzo cinematografico più complesso. Sia nella realizzazione che nella diffusione; non è detto che pochi minuti a disposizione rendano il lavoro più lineare e scorrevole, ci sono maggiori responsabilità. Penso soprattutto al messaggio da inserire in uno spot: in pochi istanti devi comprimere ed essere convincente. Così come l’approccio alla visione degli stessi è diverso dal discorso commerciale del film visto in sala.
Sono cambiati anche i tempi. Qualche mese fa ne parlavo proprio con il direttore di una rassegna e ci siamo confrontati sull’ “infoteinment”. Ossia la forma ossessiva della notizia televisiva; in fondo i servizi sono come dei cortometraggi. Si cerca di spettacolarizzare la notizia, spremerla al più non posso. 60 anni fa invece Rossellini e De Sica dovevano girare un film intero per illustrare realtà come quelle di “Sciuscià” o “Roma città aperta”. Oggi basta anche un telefonino; la narrativa filmica si può fare per strada. Ma se non hai cognizione, non hai esperienza, sei solo un video amatore che sta perdendo un minuto del suo tempo…
Il cortometraggio lo scegli perché vai a visitare una sezione specifica (festival, rassegne); non ti aggredisce, perché non proviene dal mezzo televisivo, dal telecomando.
Mi scuso sin da ora per i miei errori di interpretazione e di valutazione. La mia non è un’analisi critica, ma un esprimere sensazioni immediate. Del resto un autore non mira mai a compiacersi o a studiarsi le impressioni soggettive. Un autore guarda sempre avanti. E Andrès, lo so già, sta pensando da ora al suo prossimo film..

I corti


Dichiarazione dell’autore:


“Il cinema nasce come un’idea individuale e finisce come un’idea collettiva. E’ una linea retta che parte dall’individuo e arriva al collettivo, creando le stesse modalità di fruizione nella mente. Perché attraverso l’immaginario nella mente vivi una tua condizione interna, interiorizzi l’idea di un altro.
Quella condizione di intimità viene a crearsi a contatto con lo schermo cinematografico. Inevitabile il paragone con il mito della caverna di Platone, mi viene da pensare. Questa linea retta si flette quando viene deturpata in qualche modo dalla gravità, dal contatto con la realtà che è il suo opposto. Attraversa l’inferno delle idee individuali per tornare al paradiso che è il mondo delle idee.
A volte questa flessione rompe questa linea che non riesce più a tornare all’idea originale, è completamente deviata come un buco nero che assorbe anche la luce. Il confronto con la realtà è talmente forte che la maggior parte delle volte il raggio di luce viene spezzato o deviato, poche volte arriva a destinazione. Il compito del regista è quello di far avvertire gli odori del cinema attraverso le sensazioni di chi vede il suo film. Se vai in sala e ti dimentichi la tua condizione fisica, ritrovi la tua intimità, forse il regista è riuscito attraverso le immagini i suoni e i silenzi a dare un’emozione che attraverso la fruizione sensoriale (estesica) colpisce la fruizione ideale (estetica).
Suono e immagini nascono da un’idea e vengono codificate dalle sensazioni. Il mio lavoro di regista verte proprio su questo.

Niente di personale
Doppia coppia micidiale. Il napoletano, il colombiano, la bionda, la bruna. Gioco a quattro sul tortuoso binario del tradimento, della frode in amicizia.
Andrès qui si diverte con Vincenzo Peluso ad un irresistibile gioco delle parti dove alla fine perdono proprio i poteri forti; è il trionfo della femminilità. Il macho resta a guardare.
C’è uno scambio, mi sembra di capire, in un losco traffico di cocaina. C’è una valigia dove dovrebbero esserci dei soldi e, una volta aperta, svaniscono nell’aria petali di rose.
Il tutto a bordo di due velocissime motociclette, sullo sfondo il degrado suburbano delle periferie. E l’epilogo, tragicomico in un cimitero di macchine che mi ha ricordato la sequenza di un vecchio film di Carmelo Bene (“Capricci”) che a sua volta omaggiava Godard.
Montaggio serrato, come la dura legge del corto impone. E un retrogusto noir, un po’ pulp che colorisce simpaticamente l’operazione.

Vicolo della penitenza
Anche qui due coppie. Sfondo nero e la voce di Papa Ratzinger fuori campo. Non siamo a Piazza San Pietro, sono le voci della televisione all’ora di cena. Un voyeur si diverte a spiare quello che sta accadendo nel vicolo. Alla moglie curiosa che gli chiede cosa stia facendo il padrone di casa mente immaginando che l’azione che si svolge per strada stia avvenendo all’interno della scatola morta televisiva.
L’immagine è a camera fissa, senza stacchi. L’uomo che sta guardando e presumibilmente riprendendo ha paura di essere scoperto. Le immagini sono ruvide, sgranate. La telecamera si introduce nel quotidiano; là fuori ci sono due che possono amarsi o odiarsi. Di concreto c’è solo un triste isolamento domestico…

Attrici
E’ una spietata, divertentissima analisi di Maldonado sulle armi di distruzioni di massa della cultura
Cinematografica. Nessun nemico viene omesso: i reality, le fiction, le attrici che non sanno recitare e fanno impazzire i registi, ce n’è per tutti.
Si fa avanti Daniela che affronta con coraggio un colloquio di lavoro che comincia bene ma finisce male; il suo interlocutore (“Il produttore”) le prospetta un avvenire assicurato nel mondo dell’arte.
Si ma l’arte dov’è se con il tuo mecenate devi andarci a letto? Per fortuna che c’è carne da macello là fuori. Lombate e filetti disposti ad esibirsi per un reality chiamato “Il casale” (!) o “1000 negozi”, una soap opera che entra nelle case. Però esiste una provvidenza artistica; tutti i tasselli del mosaico tornano al loro meritato posto. Chi è stato cattivo ci rimette le penne. Trionfano i sogni però la volgarità è sempre dietro l’angolo, perché è dura a morire.

Interrotte La realtà di un coma profondo e un incubo si accavallano. La dimensione è la stessa: luci fredde, freddissime, rumori di fondo e ralenty. Maldonado fa confluire la routine ospedaliera con il baccano di un aspirapolvere guidato da un infermiere-destino. E’ una presenza strana ma essenziale perché con lo sguardo sembra voler restituire la vita a chi la sta abbandonando...
Molti stacchi e primi piani che mi hanno ricordato lo stile fumettistico delle icone; riprendere in campo strettissimo un’immagine per suggerire una situazione. Di certo è il corto che più si presta a mille interpretazioni.




H ombre

¿Por qué te precipitas a la maternidad y verificastu ácido oscuro con gramos a menudo fatales?(...)Oh madre oscura, hiéreme con diez cuchillos en el corazónhacia ese lado, hacia ese tiempo claro,hacia esa primavera sin cenizas.

Con questi bellissimi versi di Pablo Neruda (Maternidad) declamati fuori campo inizia uno struggente omaggio al grande poeta. Due colori dominanti: il rosso e il verde. Caratteri cromatici della croccante mela, vista dal poeta come raro piacere, posta in antitesi con l’altro frutto (la cipolla), ricco di lacrime. Si odono versi che non appartengono al poeta, mi si perdonino gli eventuali errori di natura letteraria, e si fa riferimento con un dialogo immaginario alla tragedia familiare di Neruda che perse la sua bambina a soli otto anni per una grave malattia. E’ un omaggio dolorissimo e intenso rivolto a due vite interrotte, giocato sul filo del ricordo.

Changing of the guard

Cortometraggio di guerra. Predominano il rosso fuoco del sole che infiamma la terra e il giallo del deserto. Andrès si ritaglia il ruolo di un soldato sudamericano che in un avamposto in qualche parte del mondo non gioca alla guerra, ma fa sul serio. Prima di iniziare l’assalto alcuni soldati esprimono l’odio verso il nemico islamico. Che non vede l’ora mi morire perché ha un appuntamento con il suo Dio. Ragionano da americani, presumibilmente invasori, in qualche missione travestita di pace che presto si sporca di sangue. Però c’è sempre qualcosa dell’altro che ci piace. Un soldato esprime la sua passione: la musica etnica che forse i nemici sanno ben interpretare. La musica unisce i popoli, è vero. Ma quando sei in guerra non può piacerti nulla del tuo nemico. Arriva il cambio della guardia.
Un soldato si ritrova a piangere come un bambino. Ha riscoperto l’umanità o forse è felice di tornare a casa..

Trani, Settembre 2006

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