09.09.2009
Il centro della Mostra di Venezia "non è il glamour" delle passerella di
Clooney-
Canalis o dell’apparizione di Patrizia D’Addario, né il colore politico di ospiti come
Chavez. Mai come quest’anno la Mostra è "una mostra veritate", che "riflette tutti i problemi e le contraddizioni della crisi mondiale e dei fermenti delle parti del mondo più disparate, dall’Iran al Medioriente, dallo Sri Lanka al Sudamerica". A parlare così è il presidente della Biennale Paolo Baratta, che ha incontrato la stampa insieme al direttore della mostra Marco Muller per il tradizionale bilancio del giro di boa dei primi sei giorni di cartellone.
"Non abbiamo sollecitato nessuna presenza particolare ma è chiaro che per tutti la mostra è un luogo per farsi vedere. Chavez per noi è stato un ospite come gli altri, gli abbiamo stretto la mano e lo abbiamo accompagnato in sala. Chavez non è una patata bollente per me, lo è semmai per Obama", sottolinea Baratta.
Quanto ai numeri, in "un anno di crisi" la Mostra vanta un bilancio positivo, "con una lieve flessione del pacchetto più costoso, l’abbonamento (-170 unità), e un forte incremento biglietti venduti (25%).
Quanto infine ai problemi tecnici (anche ieri sera, in Sala Grande, ci sono state interruzioni a causa di un malfunzionamento della copia digitale di
The Men Who Stare at Goats, con Clooney in sala che ha intonato
'O sole mio, ndr) con sottotitoli saltati o vistosi ritardi nelle proiezioni, sono dovuti alle nuove pellicole digitali. "Sono stati accettati film interessanti che sono stati ultimati poco prima dell’inizio della Mostra e non è stato possibile testarli", sottolinea Müller.