Bisognerebbe munirsi di almanacchi di cinema più che di testi di storia moderna per accorgersi che altre illustri macchine da presa si erano già soffermate sui fatti di guerra relativi all'estate toscana del 1944. Un quarto di secolo fa nel bellissimo film dei fratelli Taviani "La notte di San Lorenzo" già si parlava della strage avvenuta in un quartiere di San Miniato sul sagrato di una chiesa, all'ombra delle false promesse di clemenza dei tedeschi e sullo scenario gli scontri sempre più accesi fra fascisti e partigiani. I contadini legati alla resistenza fuggivano nelle campagne raggiungendo gli alleati, spinti da una flebile speranza di salvezza. Il crimine di guerra avvenuto invece a Sant'Anna di Stazzema (Lu) il 12 agosto '44, occultato dagli storiografi politicizzati, e tuttora oggetto di un processo militare (tribunale di La Spezia) ha comunque confermato una regola: l'interpretazione storica fa più danni della storia stessa. Il regista americano Spike Lee, che viene da ben altro genere ma pur sempre legato al cinema d'autore, ha dovuto trovare in Italia i finanziamenti necessari per portare a termine un lavoro comunque difficoltoso. Già in fase di postproduzione il suo film è diventato uno scomodo oggetto di dibattito per essersi schierato dalla parte della prima teoria attribuendo la responsabilità principale dell'eccidio al tradimento di un partigiano doppiogiochista. Secondo altri invece la strage di Sant'Anna, dove persero la vita più di 500 civili fra donne e bambini, fu solo una rappresaglia da parte dei criminali nazisti, premeditata oltre ogni logica. La verità storica si priva di ogni motivazione e interesse al cospetto del calpestato diritto alla vita. In questa carneficina che sconvolse la quiete naturale e gli scenari di pace ci furono comunque e soltanto vittime inconsapevoli. E la loro innocenza grida ancora una vendetta che un Dio clemente pur al cospetto di questa bestemmia civile non potrebbe mai condividere.
Spike Lee per portare a casa il risultato pieno sceglie la strada più facile: far marciare i ricordi di una tragedia a braccetto col patetismo. Nonostante l'influenza europea "Miracolo a Sant'Anna" risente talvolta (e spesso per colpa di una durata eccessiva rispetto alla varietà degli argomenti a disposizione) del sovradosaggio di melassa che è un micidiale espediente quando il cinema americano vuole arrivare direttamente alla propaganda. Non si capisce bene da che parte il buon Spike vorrebbe stare però un dato certo lo si riscontra sottotraccia. La sua America non ha mai mostrato gratitudine (da annotare il flashback nel bar in Louisiana) verso i poveri fratelli neri mandati in Europa a combattere per una bandiera alla quale forse non sentivano di appartenere. Questo senso di disagio e smarrimento si avverte spesso nel film: i ragazzi afroamericani della 92° divisione Buffalo si sentono più vicini alla solidarietà italiana, al piccolo mondo contadino. Detto questo a parte la ricostruzione impeccabile con fulminanti scene di battaglia, esplosioni e rastrellamenti, il riscatto "neorealistico" moderno del grande regista americano lo si sfiora a stento. Troppa accademia stona in un contesto dove si ricorre spesso al favolistico per contrastare i raccapriccianti particolari della guerra più brutta della storia. I rischi legati alla coproduzione riportano, tuttavia, meno danni del solito. Bravissimi gli elementi della delegazione italiana: dal notevole Omero Antonutti (il capofamiglia fascista), che guarda caso era presente anche in quel film dei Taviani, alla sorprendente e genuina Valentina Cervi che deve aver dato una ripassata a molte produzioni cinematografiche del dopoguerra per farsi un'idea del suo personaggio.
Cinema Alfieri, Corato - 7 Ottobre 2008 |