"Il solitario", come una moneta a due facce, sottintende già nel titolo una duplice interpretazione. Da una parte è la condizione in cui si ritrova, suo malgrado, il balordo Leo Piazza (Luca Magri) costretto a darsi alla macchia dopo un colpo finito in un bagno di sangue, dall'altra è il celebre, meccanico gioco di carte con il quale si inganna l'attesa quando si ha molto tempo da perdere (soprattutto con l'isolamento). E di tempo il fuggiasco Leo Piazza, barricatosi in un appartamento di un anonimo quartiere periferico, ne ha da vendere. La fuga con tre miliardi di lire raccolti in un borsone (i fatti si svolgono nel 1999, malinconica eldorado pre-euro) comincia appunto dopo una violenta rappresaglia che lo ha coinvolto insieme ad un famelico branco di disperati. Leo è solo contro tutti perchè ha osato sottrarre denaro liquido all'organizzazione e quindi non ha scampo: illudendosi di farcela, ovviamente cambia aria. Chiede aiuto ad un referente della capitale che lo indirizza a sua volta a Moriero (Massimo Vanni), delinquente vecchio stampo che riesce ancora a sfogliare un suo codice d'onore, ma i nemici gli mettono alle costole Santoro, un esattore killer (Francesco Siciliano) che riesce sempre a riportare l'osso nella cuccia. Per Piazza, diviso fra le scarse possibilità di rifarsi una vita altrove con una nuova compagna e un inesorabile destino comunque già segnato, non sarà un compito facile sfuggire alla condanna a morte che gli hanno firmato.
Presentato recentemente con successo fuori concorso all'ambito Courmayeur Noir in Festival, "Il solitario" è un prodigioso gioiellino di buona fattura artigianale in debito con parecchio cinema d'autore che gli ha dato benefica linfa. La sottotraccia melvilliana si dipana come di consueto attraverso la triste disavventura di un balordo tenebroso e freddo (cui dà una convinta e insolita caratterizzazione il protagonista Luca Magri), braccato da una squinternata banda di violenti criminali con il vizietto della goliardia che entrano dalla porta di servizio tarantiniana. Ma gli omaggi sono tanti e quasi tutti poggiano meravigliosamente sull'entusiasmo di chi ancora oggi si ostina fortunatamente a fare sano cinema sfuggendo alle deprimenti e piatte regole del cinema commerciale ad alto budget, ma a basso rendimento visivo. Il film, costato più in termini di fatica che di spesa (trattasi di operazione low-budget con telecamera digitale), ha un grande valore aggiunto che è la magistrale fotografia che sfrutta in pieno i prodigi dell'alta definizione. Raoul Torresi, figlio d'arte, fotografa un'inedita Italia notturna cogliendo il meglio della luce naturale attraverso sequenze (soprattutto quelle di apertura) che riecheggiano, forse grazie anche alle belle musiche progressive di Lelio Padovani, le atmosfere del cinema con l'A maiuscola di Michael Mann, al momento uno dei migliori registi americani sul mercato. E "Il solitario" illumina di riflesso le esigenze degli appassionati di quel mondo visivo attraverso una spasmodica caccia all'uomo che fa volentieri a meno di quegli scontati happy end tanto cari all'inconsistente cinema televisivo da prima serata. In questo divertente ma impegnativo carosello di scene d'azione, sparatorie, incubi e citazioni splatter, si lasciano piacevolmente coinvolgere vecchi marpioni dell'action movie nostrano: da Massimo Vanni ad Ottaviano Dell'Acqua che duellano meravigliosamente come in una classica crime story alla Castellari. Dirige il giovane e promettente cineasta parmense Francesco Campanini (classe 1976): ritmo serrato in apertura e chiusura con al centro uno sviluppo da noir intimista dove il protagonista riesce, nonostante tutto, ad illudersi della possibilità di un nuovo amore. Destinato al mercato home video, è comunque un'esigenza primaria trovare una fruizione in sala per un film che ha un forte e sanguigno Dna cinematografico.
Proiezione privata - 25 Dicembre 2008
|