"Questa è l'unica epoca dell'umanità in cui la gente preferisce tornare in Molise". Una battuta atroce, pesante, amarissima, detta per gioco ma che inquadra perfettamente il quadro instabile del precariato che stringe nella morsa le nuove generazioni che si affacciano alla vita lavorativa. Mille euro al mese, quando si ha la fortuna di guadagnarli, sono l'unica prospettiva confortante in un panorama professionale annebbiato dalle logiche del marketing e dei contratti a progetto, alla mercè di aziende con assetti dirigenziali in costante evoluzione. Ne sa qualcosa Matteo (Alessandro Tiberi), trentenne neolaureato alla facoltà di matematica e fisica di Milano, che vede nel proseguimento della carriera universitaria un pallido conforto, tuttavia insufficiente per soddisfare le esigenze materiali della vita nella giungla meneghina, e che ha accettato il posto di consulente in un'azienda di telefonia. Per contenere le spese Matteo si divide il fitto di un appartamento fatiscente con due amici: uno è Francesco (F.Mandelli), che arrotonda facendo il proiezionista in un cinema d'essai, l'altro è uno scapestrato senza un centesimo in tasca che non vedremo mai. Turbato dai rischi di un imminente taglio al personale, illuminato dalle lezioni umane di un suo vecchio professore (Paolo Villaggio) prossimo alla pensione, Matteo è tuttavia in preda ad una profonda crisi sentimentale. Si prende una pausa di riflessione con la sua fidanzata e cade immediatamente sulla giostra di una duplice relazione sentimentale incrociata: la bionda (C.Crescentini) algida, vicina alla dirigenza della ditta, che vorrebbe condividere con lui un futuro professionale in Spagna e la bruna passionale (V.Lodovini), insegnante di greco, che è venuta a dividersi l'appartamento lasciato dall'amico scapestrato. Il povero ragazzo si troverà davanti al classico bivio: dare una svolta al cuore o alla carriera. Sceglierà con la dovuta calma, appena in tempo per rendersi conto che la felicità non è strettamente legata allo stipendio mensile.
Figli d'arte (producono Andrea e Raffaella, discendenti del grande Sergio Leone) all'opera in una commedia garbata e divertente che supera di gran lunga le aspettative, mettendo a frutto l'energia giovanile di un cast affiatato, ben servito da una sceneggiatura brillante che distribuisce con misura la sua vena entusiastica. Se con "Tutta la vita davanti" Paolo Virzì aveva colto al volto il cinismo latente delle disumane gerarchie aziendali, in questo film Massimo Venier (il regista d'ufficio dei primi film di Aldo, Giovanni e Giacomo) cerca di raccontare il disagio generazionale dei trentenni in preda ad una disperata quotidianità che parte dagli affanni lavorativi, per investire il vivere comune. Il film camuffato da commedia spensierata non tradisce comunque il suo intento primario: descrivere una realtà, senza edulcorarla per la bocca buona della platea. Grazie a questa scelta felice ed apprezzabile "Generazione 1000 euro" mette in risalto uno scenario imbarazzante. Dove la periferia milanese con i suoi grattacieli e i suoi cieli di piombo, non molto dissimile da quella de "La vita agra" di Lizzani, fa più paura perchè non offre scampo. La generazione dei trentenni in crisi rincorre l'effimero sapore pulito dell'aggregazione attraverso il recupero dei valori semplici. Bravissimi gli attori (su tutti Valentina Lodovini), in grado di divertire con intelligenza e ironia alle stelle. E' il riscatto di un genere, quello del cinema giovanile spesso gestito male, che recuperando qui l'intento sociologico, si avvicina alll'impietoso ritratto della crisi attuale. Dal giradischi la canzoncina "se potessi avere mille euro al mese" può solo far sorridere. Perchè forse mille euro fra fitto, acqua, luce e gas, possono non bastare.
Cinema Impero, Trani - 25 Aprile 2009 (Barisera) |