Le chiavi della Berlinale (si, ma fuori concorso) nelle mani dei geniali fratelli Coen: una serratura che si apre, spalancando la porta su un mondo che non ammette compromessi e che ormai ammette solo spettatori assidui, tanto è movimentato e denso di impennate vertiginose come l'elettrocardiogramma di un cuore in fibrillazione. Certo è che la frattura dal capolavoro consacrato con la Palma d'oro si allarga inevitabilmente. Dopo la consueta pausa relax della stagione precedente, ecco allora il remake (ma sarebbe più appropriato definirlo omaggio) di un vecchio di film di Henry Hathaway del 1968, passato alla storia del cinema per il tardivo riconoscimento dell'unico premio Oscar al grande John Wayne. A raccogliere il testimone ci pensa Jeff Bridges, nei panni del burbero Rooster Cogburn, spietato sceriffo di Fort Smith soprannominato "Il grinta" per la violenta determinazione con la quale affronta i criminali che turbano la tranquillità del suo territorio. Pistolero audace e risoluto, orbo e schiavo della bottiglia, si trascina coperto dalla polvere della gloria, caduto in disgrazia per sopraggiunti limiti d'età e per un fisico buttato giù dalle ferite sui campi di battaglia. Le prospettive cambiano quando la giovane e testarda Mattie Ross (Hailee Steinfeld) sopraggiunge in città in cerca di Tom Chaney (Josh Brolin), il criminale che ha barbaramente ucciso suo padre, nel corso di una rapina finita tragicamente, e che vaga impunito nel selvaggio west unendosi ad una pericolosa banda di malfattori. La ragazza risolve alcune pratiche ereditarie e mette sul libro paga il bounty killer più affidabile, per attuare la sua giustizia privata e portare alla forca, dopo regolare processo, l'impunito assassino. Dapprima diffidente, Rooster si lascia poi attirare dalla possibilità concreta di acciuffare questo fuorilegge con l'aiuto di un ranger (Matt Damon), unitosi all'armata, per vendicare un altro delitto commesso da Chaney in Texas. La lunga caccia proseguirà fra insidie, imboscate e amare sorprese fino all'immancabile resa dei conti.
Dal romanzo di Charles Portis, dove si ripercorrono i traumi di un'avventura adolescenziale che lascia segni indelebili, un riadattamento nel quale si ritrovano alcuni aspetti essenziali della cinematografia dei Coen, qui riutilizzati in un'insolita chiave western che non è affatto inedita ma che porta alla memoria capolavori indiscussi come "Miller's crossing" (film immenso, oscurato dalle successive esperienze). Rafforzato da una lunga lista di nominations, "Il grinta" ne ipoteca indubbiamente quella relativa alla meravigliosa fotografia di Roger Deakins, collaboratore storico nonchè presenza essenziale, appunto, per avvicinare lo spettatore al mondo dei Coen Bros. Non è un caso, infatti, che l'ottimo Deakins sia stato anni fa l'artefice di un lavoro analogo per il bellissimo" The Assassination of Jesse James by the Coward Robert " di Dominik e che qui si superi rileggendo il western attraverso un filtro epico che credevamo fosse esclusivo appannaggio dello zio Clint. Puntellato da eccessi formali, dal solito rapporto conflittuale fa humour nero e maledizione, i Coen non disdegnano un accumulo di sgradevolezze, mentre stavolta si tende a calcare la mano nel macabro e nell'uso e abuso di sequenze più lunghe della media che sacrificano l'azione in virtù del dialogo. Alcune scelte (la deposizione dello sceriffo, il tiro a segno nel deserto, l'assalto notturno alla capanna) dimostrano il coraggio e la passione nel continuare ad esprimere un cinema d'autore attraverso cifre personali senza tenere fuori lo spettatore dal punto di vista emotivo, senza mai cadere nella trappola dell'inutile autocompiacimento. Spettacolarità del silenzio, di pause ed attese. Grande cinema, coinvolgente sotto tutti i punti di vista, che si ritaglia fette consistenti nella memoria e che trova straordinari appigli con i nostri tempi. E citazioni come se piovessero, la più eloquente nel prologo profetico: "l'empio fugge anche quando nessuno lo insegue". Attori generosi, a cominciare da un Josh Brolin, meno perfido di come la storia lo dipinge, per finire con un irriconoscibile Barry Pepper (il violento Lucky Ned), bersagliato da pallottole in corsa durante una delle sequenze più spettacolari del film.
Cinema Opera, Barletta - 20 Febbraio 2011 (Barisera) |