Incontri ravvicinati di un certo tipo che mettono allo stesso tavolo la tradizione western alla John Wayne con i marziani cercatori d'oro sbarcati nel cuore dell'Arizona venticinque anni prima dello scoccare del '900. Il fine comune? Un buon intrattenimento destinato ad allargare l'utenza e tanta, tanta adrenalina. Sarebbe bello figurarsi la faccia del grande Sergio Leone che davanti alla smitizzazione del western fatta a suon di risate e cazzotti dalla coppia Spencer-Hill allargava le braccia e scuoteva il capo. Chissà come commenterebbe il grande, incommensurabile maestro, che ci scaldava il cuore col primissimo piano d'un sigaro in bocca e una mosca ronzante nella canna, davanti ad un'astronave luccicante a forma di polipo che sbuca da un canyon. E non scomodiamo Peckimpah per pudore... Ma è la legge primaria del cinema solleticare col plettro dell'immaginazione le corde della fantasia, quindi tutto è concesso, anche lo stupore derivante dalla miscela di ingredienti constrastanti. Ecco Daniel Craig, allora, nei panni dello straniero senza nome, risvegliarsi in pieno deserto con uno strano braccialetto di metallo al polso, e un oscuro passato da ricostruire. La prospiciente città di Absolution è sotto scacco: il colonnello Dolarhyde (Harrison Ford) è un affarista senza scrupoli che detta legge e vuole avere sempre ragione. Lo straniero però è un osso duro che non sa tenere giù la testa. Tutti si ritrovano presto sotto una minaccia comune: questi esseri venuti dal cielo a mettere a ferro e fuoco la prateria non sono in visita di cortesia. La ragione dell'invasione è presto detta: gli esseri informi che assomigliano tanto agli uomini pesce (Sergio Martino e il prode Antonello Geleng farebbero bene ad approfondire) sono dei parassiti in cerca di oro e hanno già cominciato le trivellazioni. Con la fanteria e l'aviazione nemica ben schierate, sarà un'impresa giocare agli indiani. Eppure la missione impossibile vedrà un'epica battaglia finale per respingere i viscidi invasori. Che vinca il migliore, cioè l'essere che sputa meno gelatina...
Se Fracchia ha conosciuto Dracula, Freddy Krueger il perfido Jason e Frankestein ha collezionato una serie di altri brutti incontri, non vi è ragione di scandalo in questa anomala operazione che abbina mostri e pistole. Ci avevano, in verità, già provato una dozzina di anni fa con "Wild wild west", sorta di riammodernamento dei parametri del western classico, con esiti meno spettacolari e più esitanti. Vi è da aggiungere che Jon Favreau ha un talento visionario piuttosto vivace e consistente e che l'incipit della pellicola non ha nulla da invidiare ai pochi recenti esemplari di un genere affascinante, purtroppo in declino. L'intrusione delle astronavi e delle mostruose e violente creature crea ovviamente situazioni irreali, sviluppate e risolte nella massima serietà possibile. Tutto sembra normale e scontato, anche andare a cavallo di una navicella spaziale in una sorta di rodeo del futuro. Daniel Craig, spaccaossa e granitico, è in parte così come il suo antagonista Harrison Ford, con un cappellaccio che ci sembra di aver visto in altre circostanze. Tratto da un fumetto di Scott Mitchell Rosenberg, quello di "Cowboys & Aliens" è un progetto lontano, maturato con molte difficoltà dopo anni di ripensamenti da parte dei vari studios. Il prodotto finito compensa la mancanza di ingenuità con una determinazione che sa tanto di perfettina freddezza. E' l'unico demerito di una pellicola che fa volentieri a meno di un'atmosfera fracassona per concedersi irrinunciabili lussi. Come la bella fotografia curata da Matthew Libathique, crepuscolare e buia.
UCI Cinemas, Molfetta - 16 Ottobre 2011 (Barisera) |