La frase enigmatica che dà il titolo al film ha origini nobili; proviene infatti dritta da “Shining”, capolavoro di Stanley Kubrick del 1980 a sua volta ricavato dal libro di Stephen King, e cita l'unica riga che il folle scrittore Jack Torrance riusciva ad abbozzare all'infinito sulla sua macchina da scrivere. Il nesso oscuro per il quale si è ritenuto opportuno tirar fuori questo titolo per una vicenda che si svolge su tutt'altro pianeta è un punto della questione alquanto oscuro sul quale è inutile soffermarsi (forse trae spunto dalle abitudini lavorative che costringevano il protagonista al ruolo di mattiniero per necessità).
“Il mattino ha l'oro in bocca” è tratto dall'unico romanzo scritto qualche anno fa da tale Marco Baldini (“Il giocatore”), brillante speaker radiofonico fiorentino tuttora in attività (fa coppia con Fiorello in una fortunata trasmissione di Radiodue). Una sorta di biografia monotematica sul lato oscuro della sua turbolenta e sconosciuta vita privata che comprende anche interessanti e dettagliati riferimenti sulla sua formazione artistica.
Nella Firenze degli anni '80 Marco è un brillante bamboccione con molte idee e molti vizi: è un grande appassionato di musica, vive una piatta storia d'amore e per alimentarsi fa l'unica cosa cosa che gli riesce bene nella vita lavorando presso una piccola radio privata dove conduce giornalmente un programmino musicale. Le sue quotazioni si impennano grazie alla sua straordinaria capacità d'improvvisazione e alla sua originalità. Ma nella vita reale Marco è un incallito ed assiduo giocatore d'azzardo: il primo approccio casuale in una sala corse diventa l'origine del suo calvario. Tutto il suo stipendio ma soprattutto i proventi di prestiti illeciti vengono investiti (male) in pesanti sfide al poker e improbabili scommesse ippiche; Marco finisce presto nella rete degli strozzini. E quando spicca il grande salto di qualità approdando nei primi anni '90 su una emittente nazionale (la milanese Radio Deejay) dove tra l'altro farà coppia fissa con uno sconosciuto ma divertentissimo animatore siciliano (vi lasciamo immaginare di chi si tratta) i problemi legati al gioco aumentano a dismisura: nella grande città il povero Marco continua a rovinarsi con le cattive amicizie rischiando addirittura di essere eliminato fisicamente dai creditori...
Sono poche le celebrità che possono vantare biografie ed episodi realmente accaduti quando sono ancora in vita; Marco Baldini che è un simpatico protagonista che sulla sua vita privata aveva qualcosa da dire ed ha trovato lo spazio e i mezzi per poterlo fare, sceglie il percorso obliquo da martire del destino e ci illustra l'italietta di un particolare decennio. Il risultato è un film discutibile, a volte divertente e a volte noioso, un pò ripetitivo e privo di contenuti, che deve adeguarsi purtroppo alla consistenza letteraria del romanzetto che lo ha ispirato.
Raccontare in quasi due ore la sfortunata odissea di un giocatore perdente del resto non era lo spunto ideale per ricavarci un film di particolare spessore eppure il volenteroso regista napoletano Francesco Patierno, alla sua seconda prova ufficiale, ha cercato con fatica di dare credibilità e ritmo ad una vicenda che sarebbe stato più appropriato ridurre alle dimensioni di cortometraggio. Ne viene fuori un ritratto nostalgico di un'Italia che non c'è più: una penisola di contraddizioni e di tempi andati fra fumosi studi di registrazione delle radio private e le autoradio con la maniglia che sparavano a manetta le sdolcinate ballate di Christian (citato nella celeberrima “Un'altro amore un'altra vita”, Sanremo 1982). E c'è spazio per una riflessione sul desolante destino dei personaggi pubblici più amati che nascondono spesso realtà difficili e
Buona la prova offerta dal cast, fra i quali riscopriamo in brillanti caratterizzazioni professionisti come Carlo Monni, Gerardo Amato, Corrado Fortuna e il formidabile Umberto Orsini, nonché un sorprendente Dario Vergassola in un ruolo serissimo. E fa piacere ancora una volta aver ritrovato nel bravo e misurato Elio Germano l'ennesimo conforto, trattandosi di uno dei volti più versatili e promettenti su cui il giovane cinema italiano deve assolutamente puntare per colmare questa momentanea penuria di veri attori. Garbato e mai eccessivo Germano costruisce il ritratto di un autentico perdente, con tutte le sue contraddizioni, garantendo al personaggio la necessaria umanità e credibilità, senza strafare, curandolo con una grande naturalezza. Con la forza del ruolo riesce a salvare alla grande il film dai rischi di appiattimento da fiction (problema che sta compromettendo ultimamente gli esiti di molte produzioni recenti); anche se potenzialmente pur non avendo le velleità da capolavoro, l'opera di Patierno si adegua perfettamente alle esigenze di un gradevole intrattenimento serale.
Supercinema, Trani - Febbraio 2008 (Barisera) |