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21.04.2012

13° FESTIVAL DEL CINEMA EUROPEO DI LECCE - I PREMI E LE MOTIVAZIONI

Si è conclusa a Lecce la tredicesima edizione, quest'anno particolarmente ricca e significativa, del festival del cinema europeo. Fra gli ospiti internazionali: Terry Gilliam (che ha presentato il corto "Wholly family") e Emir Kusturica (testimone di un bellissimo libro fotografico sul suo cinema, celebrato con una retrospettiva) hanno registrato una calorosa accoglienza di stampa e pubblico. Quest'anno il programma del festival prevedeva anche tributi a Ken Russell e Sergio Castellitto, al quale è stato dedicato il libro curato da Enrico Magrelli "Sergio Castellitto, senza arte ne parte" (ediz.Rubettino).

31.07.2011 - 18.08.2011

Sinfonie di Cinema 2011 – LA COMMEDIA NEL CINEMA ITALIANO

Anche quest’anno torna a Montefiore dell’Aso (AP) la magica atmosfera del festival “Sinfonie di cinema”.

SACRO GRA

Regia: Gianfranco Rosi

Interpreti:

Durata: 93'

Nazionalità: Italia 2013

Genere: documentario

Stagione: 2013-2014

Sapremo a breve se il ruolo di documentarista, in un panorama cinematografico desolante dove la realtà è arrivata ad essere l'unica forma di fantasia praticabile, rappresenti un limite o una fortuna. Eppure di Gianfranco Rosi (in attività da quasi vent'anni con peregrinazioni di successo nei massimi festival di cinema internazionali) che si è cucito addosso da solo questa patente, sentiremo ancora parlare, soprattutto all'estero. Certo il signor Alberto Barbera ha fatto bene a spalancare le porte del concorso a Venezia (del resto Rosi aveva già vinto anni prima la sezione collaterale "Orizzonti") e la giuria presieduta da quel Bernardo Bertolucci, il cui "La via del petrolio" deve aver caricato di responsabilità la coscienza, ne ha preso atto. Fatto sta che oggettivamente il miglior film italiano presentato alla Mostra non era poi tanto difficile da trovare. "Sacro GRA" è il frutto di un lavoro analitico lungo un triennio. Come già per i suoi due documentari precedenti ("Below sea level" e "El sicario Room 164") dove aveva raccontato le esistenze periferiche del nord America e del Messico dei narcotrafficanti, Gianfranco Rosi polarizza la sua attenzione su un microcosmo, selezionando le storie più percorribili, le vicende più affascinanti (il materiale scartato diventa così sconfinato). Degli anni trascorsi a bordo di un furgone sul Grande Raccordo Anulare di Roma per filmare umori, paesaggi, il cambiare delle stagioni, esistenze e assenze, si distillano 90 minuti circa. Quello che viene fuori è un punto di osservazione distaccato, anticonvenzionale, ben legato ad un fascino rigoroso nel racconto per sottrazione, dove l'assenza-presenza della macchina da presa percepita a stento si presta ad un assurdo ed avvincente gioco di specchi nascosti e poco segreti, per dirla omaggiando la candid camera importata cinquant'anni fa da Nanni Loy. In una struttura circolare che seleziona ed invidua sei diversi esistenze, ben collocate in contesti differenti, la macchina da presa di Rosi compie appunto un percorso anulare fermandosi ogni volta alle stazioni vissute dai protagonisti rappresentativi di questo microcosmo a noi ignoto. Sfilano nell'ordine un nobiluomo del nord che vive in una palazzina nella zona dell'aeroporto e che intrattiene forbite conversazioni con la figlia universitaria; un "principe" moderno che vive nella sua lussuosa ed irreale residenza a pochi passi dal Raccordo dilettandosi con la prassi del cavalierato cui aspira, aderendo con perfetta convinzione e devozione; un barelliere del 118 che a bordo della sua autombulanza fa il turno di notte rispondendo al pronto intervento in caso di incidenti; un solerte appassionato di botanico che cura con procedimenti antiparassitari ultramoderni le sue povere palme; un "fiumarolo" che vive su uno zatterone sul Tevere pescando anguille; un attore che si diletta con i fotoromanzi e rimpiange le rinunce passate per dignità ed integrità morale. Rosi pesca insomma la vita reale ma riesce ad alterarla applicando appunto il filtro cinema riuscendo attraverso le istantanee dei suoi personaggi mentre reinterpretano la loro quotidianità davanti alla macchina da presa. Un esercizio di stile notevole, sofisticato che rende persino riduttivi i meccanismi documentaristici (qui a differenza dell'analogo percorso affrontato da Michelangelo Frammartino i personaggi parlano ed interagiscono) e che si affaccia, insomma, alla finestra socchiusa e scricchiolante di un nuovo perduto (e recuperato) neorealismo. Se Fellini, che pur aveva raccontato questo crocevia di esistenze in un lungo capitolo di "Roma" (1972), sosteneva che al cinema verità preferiva il cinema menzogna, in "Sacro GRA" l'operazione va a segno attraverso il fascino di alcune sequenze baciate dalla poetica dell'irrealtà (il raccordo annulare sotto la neve) di cui Gianfranco Rosi nei panni di filmaker tuttofare è artefice a 360 gradi. Unico urlo d'autore percepibile in una calma che non è apparente e che consente al cinema italiano di abbracciare talento innovativo e audacia, maestria ed originalità. Pur mantenendo intatta la discrezione e l'invisibilità dei soggetti del suo affascinante reportage (con l'autore che rimane distaccato, non interviene ma mostra soltanto) il film cede involontariamente alle forzature di questi personaggi autentici. All'ilarità, alla simpatia velata di amarezza di personaggi pescati dalla vita che partecipano, divertiti (e divertenti), al singolare gioco cinematografico allestito da Rosi in veste di acuto, complice ma distaccato osservatore.

Sala Darsena, Lido di Venezia - 5 Settembre 2013

 

Voto:     3,5 / 5
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