Non è un paese per duellanti: gli inesperti finiscono a braccetto con la morte a due passi dal burrone. Accade un piccolo miracolo: il cinema sofisticato, elegante, di discrezione visiva di Ridley Scott al servizio (pieno) del talento narrativo di Cormac McCarthy, classe 1933, passato in prima persona dal romanzo alla sceneggiatura in età saggia. "The counselor" è concepito essenzialmente come un'opera di scrittura filmata, non si piega quindi ai classici canoni filmici: dissemina indizi, trappole, riferimenti, manda personaggi fuori dalla scena, si permette il lusso di dare cose per scontato, senza starle a spiegare. Ma avviene quello che solitamente il pubblico standard accoglie con irritato occhio malevolo: il "noir" non rivive più attraverso la dimensione scenica, ma è ravvivato dall'intreccio non sempre scontato di questi personaggi che, come in una tragedia moderna improvvisata, approfondiscono con la parola. Alcuni monologhi prendono una strada diversa dalle vicende raccontate, costituendo un paradossale riempitivo tarantiniano, altri lunghi scambi di vedute sacrificano l'azione per mettere in evidenza aspetti fuori dal contesto. Ne viene fuori un film (bellissimo) non per tutti i gusti e soprattutto arcigno e ostile nei confronti dei cacciatori di emozioni attraverso l'azione. La vera spettacolarità di "The counselor" sta innanzitutto nel mantenere anonima l'identità del suo protagonista principale. Un brillante procuratore che, ovviamente, per mestiere è portato a relazionarsi con in malavitosi che deve difendere. Pur di arraffare soldi facili col minimo sforzo, si lascia sedurre dalla grossa opportunità di seguire una consistente partita di droga in transito dal New Mexico ed entra in combutta con un losco uomo d'affari (Javier Bardem). Il trasferimento non è segreto: qualche informatore ne è al corrente e la notizia si sparge. Quando il carico viene rubato, si scatena una caccia al responsabile. Il procuratore, affidatosi alle cure di un criminale esperto (Brad Pitt), cade nella rete come uno dei presunti responsabili del furto. Il cartello passa all'azione con tutta la sua forza efferata producendo una mattanza che non lascia scampo. Il procuratore diventa quindi la preda più vulnerabile.
Un cast stellare in cui si ritrova Michael Fassbender, forse uno dei migliori attori del momento, alle prese con le dissertazioni filosofiche e i deliri di onnipotenza di Javier Bardem, delinquente senza via di scampo, consente al film di esercitare un legittimo richiamo sotto il punto di vista tecnico. L'angelo è Penelope Cruz, il demone è una Cameron Diaz versione dark lady. Ridley Scott, regista capace di attenersi scrupolosamente alle atmosfere del suo sceneggiatore, rifinisce con cura la parabola tragica del personaggio principale, incapace di godersi la quiete dell'amore, destinato a soccombere davanti ad un nemico in forma di fantasma assume singolari ma affascinanti dimensioni drammaturgiche. E il film ci delizia attraverso il talento visivo e visionario di un autore che arriva all'occhio con immagini che catturano e che, ormai, da cineasta navigato pronto a raccogliere consensi esce con evidente prepotenza dagli schemi naturali. Le sequenze lunghe, volute, spiazzanti, che sembrano appartenere ad un film a parte, conferiscono al film un valore aggiunto. Ed il poliziesco si ritrova appunto ad elevarsi a quella dimensione teatrale che, a conti fatti, è l'anima propositiva di una operazione rischiosa. Ma riuscita.
Cinema Impero, Trani - 16 Gennaio 2014 |